Il paradosso della ferrovia: è la modalità di trasporto più green ma non è considerata energivora. Confetra: “Rischiamo di perdere quote di mercato”
“In Italia la rotaia rappresenta una quota di appena il 13%, a fronte della media europea ben più alta del 18% e ad un obiettivo di lungo termine del 30%; il settore ha bisogno di politiche e strumenti dedicati, che sostengano effettivamente lo shift modale”
Roma – “Alle forze che compongono il nuovo governo abbiamo presentato già in campagna elettorale una serie di richieste su alcuni temi fondamentali: dall’autotrasporto al trasporto marittimo, dal cargo aereo a quello ferroviario, dai servizi postali allo sportello unico doganale, dal Pnrr all’alleggerimento della pressione fiscale, dalle politiche del lavoro alle semplificazioni. In particolare, per quanto riguarda la portualità i problemi di competitività dell’Italia rispetto all’estero risalgono ad una riforma portuale rimasta ancora per molti aspetti inattuata”. E’ l’allarme lanciato dal presidente di Confetra, Carlo De Ruvo, alla testata specializzata diretta da Teodoro Chiarelli ShipMag.
“Permane – denuncia De Ruvo – l’assenza storica di una strategia nazionale per la portualità, in particolare sull’individuazione dei porti di interesse nazionale, che eviti la dispersione di risorse a pioggia, e sui criteri di selezione degli investimenti infrastrutturali e di valutazione dei piani regolatori dei porti, che non possono rappresentare entità disconnesse dal funzionamento del sistema economico e sociale. A distanza di quasi 30 anni dalla legge di riforma portuale (legge n. 84/1994), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha finalmente adottato il decreto che stabilisce la disciplina per il rilascio delle concessioni demaniali, di cui all’art. 18 della stessa legge, e alla determinazione dei relativi canoni”.
“Tuttavia, il provvedimento – spiega il presidente di Confetra – per la sua rilevanza e complessità pone una serie di questioni interpretative che dovrebbero essere sciolte quanto prima dal MIT, anche alla luce delle consultazioni in corso con le organizzazioni del settore, mentre per i canoni demaniali abbiamo bisogno di misure urgenti di congelamento degli adeguamenti all’inflazione, per evitare ripercussioni insostenibili su bilanci aziendali già alle prese incrementi rilevanti dei costi, a partire da quelli energetici. Un altro tema, sul quale abbiamo spesso posto l’attenzione e che auspichiamo possa entrare nell’agenda del nuovo Governo, è quello del cargo ferroviario, che in Italia rappresenta una quota di appena il 13%, a fronte della media europea ben più alta del 18% e ad un obiettivo di lungo termine del 30%; il settore ha bisogno di politiche e strumenti dedicati, che sostengano effettivamente lo shift modale, ma attualmente rischia di perdere ulteriori quote di mercato a causa del caro energia e della contraddizione secondo cui il ferroviario non è considerato energivoro, per cui agli operatori del settore, primi consumatori di energia elettrica, non è consentito l’accesso ai contributi riconosciuti alle imprese energivore”.
Il Secolo XIX
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