La mobilità elettrica fa la differenza, i biocarburanti servono solo per i settori non elettrificabili

ASviS, con il Position paper, e le associazioni ambientaliste CleanCities, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Sbilanciamoci, Transport&Environment e WWF formulano una proposta per la “giusta transizione” ecologica del settore dei trasporti nell’ambito del nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) che l’Italia deve presentare all’Unione Europea entro il 30 giugno.

In occasione dell’evento “Greenwashing e social washing, un ostacolo alla giusta transizione ecologica” del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), coinvolgendo esperti e associazioni, ha presentato il Position paper “La decarbonizzazione dei trasporti” del Gruppo di lavoro sul Goal 11 per sottoporre al Governo, al Parlamento e alle forze sociali una proposta di aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per il settore mobilità e trasporti.

La revisione del PNIEC è richiesta agli Stati membri entro il 30 giugno 2023 dal Regolamento UE sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima del 2018, e si rende ancor più necessaria a causa dell’aumento dell’ambizione delle politiche di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra (GHG) – il pacchetto Fit-for-55 – e del maggior ricorso alle energie rinnovabili previsto con il Piano Repower EU del 2022.

Da tre mesi un gruppo di esperti coordinati dall’ASviS, con il supporto delle associazioni ambientaliste firmatarie del documento, ha lavorato ad una proposta di nuovo PNIEC centrato su strategie credibili,
scalabili e determinanti per la decarbonizzazione del settore dei trasporti, abbandonando l’enfasi attribuita ai biocarburanti e in particolare a quelli non avanzati e talvolta di dubbia origine. La sostenibilità sociale della proposta dipenderà dal coraggio e dalla coerenza delle politiche industriali e di offerta di servizi di trasporto collettivo, condiviso, moderno e distribuito sul territorio nazionale.

I dati, consumi ed emissioni. La mobilità elettrica fa la differenza
La crescita del trasporto elettrico, non solo automobilistico, ma anche dei mezzi pubblici, di quelli per la logistica e del trasporto ferroviario, specie delle merci, farà crescere l’efficienza energetica: già oggi il
trasporto ferroviario, con appena l’1,5% dei consumi energetici, muove il 6,7% dei passeggeri e il 15% delle merci. Secondo la proposta di Piano (nella parte Trasporti) presentata, nel 2030 si stima che circoleranno per le strade italiane 6 milioni di auto elettriche, perché tutte le principali case automobilistiche venderanno quasi solo modelli elettrici, soprattutto dopo il 2026, anno in cui si prevede il raggiungimento della parità di costo con le auto endotermiche.

Secondo la proposta di Piano, nelle principali città italiane dovranno circolare 10.000 autobus elettrici (a cominciare da Milano, Torino, Roma e Napoli) e sulle nostre strade dovranno viaggiare 100.000 furgoni e camion elettrici. Ma soprattutto il traffico merci su ferrovia, a trazione elettrica, dovrebbe crescere (come nel periodo 2019-2022) al ritmo dell’8% all’anno. In questo modo, grazie all’efficienza della mobilità elettrica, i consumi di energia nel settore trasporti scenderanno del 22%, da 36 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2021 a 28,1 Mtep nel 2030, mentre i consumi elettrici più che raddoppieranno, da 11 TWh a 24 TWh. Nel 2021 l’elettricità prodotta in Italia era rinnovabile solo per il 35%, mentre nel 2030 si prevede che quella usata nei trasporti potrà e dovrà essere rinnovabile nella misura dell’80%. Grazie a tale crescita le rinnovabili nei trasporti passeranno dal 4,8% del 2021 al 10% nel 2030. La crescita sia delle rinnovabili che dell’efficienza nei trasporti consentirà di ridurre del 25% le emissioni di CO2, del settore. Un risultato formidabile, se si tiene conto che il settore dei trasporti emette in Italia (dato 2021) più CO2 del 1990.

I biocarburanti servono solo per i settori non elettrificabili
Il settore petrolifero italiano ha puntato sul biodiesel all’olio di palma e derivati, una produzione di 700.000 tonnellate nel 2015, pari alla metà delle rinnovabili nei trasporti. Da quando si è documentato che l’olio di palma causa deforestazione nel Sud-est asiatico e aumenta (triplica) le emissioni globali di CO2, le raffinerie italiane hanno cominciato a trattare oli usati di riciclo (UCO), cui è dovuta, nel 2021, una produzione di 464.000 tonnellate. Il 90% di questa presenta una origine dubbia (olio di palma) importato dalla Cina attraverso Spagna, Bulgaria e Austria e solo il 10% da raccolta differenziata nazionale, una situazione che è stata definita una “truffa biodiesel” da alcuni rappresentanti di Stati europei a Bruxelles, mentre l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) l’ha definita “greenwashing”, condannando l’ENI a 5 milioni di euro di multa per la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli nel gennaio 2020 dopo il ricorso di Legambiente, Transport&Environment e Movimento Difesa Cittadino.

Il Position paper chiede quindi di uscire dalla produzione di “false rinnovabili” e di usare, d’ora in poi, solo biocarburanti “avanzati”, cioè quelli derivati da rifiuti “veri”, non altrimenti utilizzabili, con meccanismi di certificazione che ne possano garantire la tracciabilità, e di concentrare la sperimentazione di idrogeno verde e carburanti sintetici rinnovabili limitatamente ai trasporti non elettrificabili, come ad esempio l’aviazione e la navigazione di lunga distanza.