Il trasporto merci su rotaia è stato esposto ad aumenti senza precedenti dei costi energetici e si è trovato di fronte a una situazione difficile a causa dei lavori infrastrutturali in corso in tutta la rete europea. Alcuni successi sono stati raggiunti, ma occorre fare di più per indirizzare il trasporto merci ferroviario sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi di trasferimento modale stabiliti nella strategia europea per una mobilità sostenibile e intelligente.

Il governo prende tempo per la quarta rata. Salvini scrive a Fitto: più soldi per finanziare le condotte idriche e gli alloggi pubblici. Cambia il piano per le ferrovie: dal Pnrr escono la Roma-Pescara e l’alta velocità Palermo-Catania ROMA – La tabella di marcia del Pnrr è saltata. Nella spirale dei ritardi è finito il calendario che allinea gli obiettivi semestrali alle singole rate. Andrà riscritto. È la prima volta che succede da quando il Piano di ripresa e resilienza è nato. Per il governo è la presa d’atto che il passo deve farsi più lento, rimettendo in discussione non solo alcuni progetti (sono 118 le misure che presentano elementi di debolezza) , ma anche gli obiettivi che, se portati a traguardo, permettono all’Italia di chiedere alla Commissione europea l’erogazione dei fondi. Pagina 62 della relazione: “La richiesta di pagamento della quarta rata, laddove nell’ambito della complessiva rimodulazione del Piano siano proposte modifiche dei relativi obiettivi, sarà presentata in linea con i tempi di questo processo”. Il “laddove” è già realtà perché tra Roma e Bruxelles è in corso una trattativa che, nello schema di Palazzo Chigi, affidato al ministro Raffaele Fitto, punta a rimodulare tra i sette e i nove dei 27 obiettivi in calendario.

Tra questi anche quello che prevede l’assegnazione di tutti i lavori per la costruzione degli asili nido: all’Europa si è chiesto un tempo supplementare, fino al 30 settembre. Non è detto che Bruxelles dica sì, anche perché la rivisitazione del target intermedio non garantisce che in autunno si arrivi all’affidamento di tutti gli appalti. Sarà la stessa Commissione Ue a valutare se la soluzione indicata da Roma, cioè escludere i Comuni che non riescono ad adeguarsi in tempo, può essere considerata valida per il raggiungimento dell’obiettivo. Di fatto, le interlocuzioni sulla quarta tranche, che vale 16 miliardi, potrebbero coincidere con quelle per la revisione generale del Pnrr, che il governo punta a chiudere entro metà luglio. Ecco allora l’elemento inedito: la richiesta di pagamento non sarà inviata a Bruxelles il 30 giugno, cioè entro la fine del semestre, come è avvenuto fino ad ora. Il governo non ne fa un dramma. Perché – è il ragionamento – meglio tardare un paio di settimane, correggendo prima, che ritrovarsi ad aspettare, come sta avvenendo con la terza rata, che è sotto esame a Bruxelles da inizio gennaio. Ieri il commissario europeo per gli Affari economici Paolo Gentiloni ha detto che arriverà “nel giro di questo mese”; i tempi si allungano ancora. Ed è stato lo stesso Gentiloni a esortare il governo a fare presto sulla revisione del Piano. Anzi il “più presto possibile”. Chi ha le idee chiare è Matteo Salvini. Ha scritto a Fitto per dirottare altrove 7,3 (circa 6 relativi alle ferrovie) dei 32,3 miliardi in capo al ministero delle Infrastrutture, chiedendo anche 1,1 miliardi in più per finanziare le condotte idriche, gli alloggi pubblici e altri investimenti. È il capitolo delle ferrovie quello che deve prendere atto dell’impatto dell’inflazione e di altre criticità: i 600 milioni della Roma-Pescara sono bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo; l’alternativa è rafforzare la Orte-Falconara e la Metaponto-Potenza, oltre ad altre tratte regionali. Sarà ridimensionato l’investimento per Ertms , il sistema di sicurezza per le ferrovie: mancano le materie prime. La Palermo-Catania dovrà aspettare ancora per l’alta velocità: il Pnrr finanzierà il potenziamento della linea storica. E il rimontaggio dei progetti non finisce qui. Ma c’è un’incognita: è Bruxelles che deve dire se va bene procedere così.

LA REPUBBLICA

Il progetto FCH2Rail, sviluppato da un consorzio formato da CAF, DLR, Toyota, Renfe, Adif, CNH2, IP e Stemmann-Technik con un budget di 14 milioni di euro, per lo sviluppo di un treno dimostrativo dual-mode alimentato a idrogeno, ha raggiunto un importante traguardo ottenendo l’autorizzazione a correre in test sulla Rete Ferroviaria Nazionale Spagnola, e ha completato il primo dei percorsi di prova previsti con l’arrivo del treno alla stazione di Canfranc, nei Pirenei aragonesi.

Si tratta del primo treno a idrogeno a raggiungere questo traguardo. Questo è un punto culminante eccezionale, perché la linea Canfranc è una linea particolarmente impegnativa a causa delle sue pendenze ripide e elevate, che comportano una grande sfida per i nuovi sistemi di generazione di energia.

A tal fine, il treno dimostrativo, ha percorso la linea Saragozza-Canfranc sia in modalità elettrica, sia in modalità ibrida, combinando l’energia delle celle a combustibile a idrogeno e a batterie nelle sezioni non elettrificate.

È ora in corso una nuova fase di test in pista con l’obiettivo di testare la nuova tecnologia in un’ampia gamma di condizioni di potenza e richiesta di energia, simulando diversi servizi commerciali.

A tal fine, il treno circolerà su diverse linee della rete ferroviaria spagnola, principalmente sulle linee in Aragona, Madrid e Galizia. Gli scenari di test includono l’esecuzione sotto diverse condizioni climatiche e operative. Ciò consentirà una caratterizzazione più completa della nuova tecnologia di bordo, per la successiva valutazione della competitività della nuova soluzione di propulsione ibrida bimodale con celle a combustibile a idrogeno come alternativa sostenibile alla trazione diesel attualmente utilizzata su molte linee.

Il progetto FCH2Rail è realizzato da un consorzio di imprese formato da CAF, DLR, Toyota, Renfe, Adif, CNH2, IP e Stemmann-Technik. Il treno dimostrativo è basato su un treno esistente per pendolari Renfe, in cui CAF ha installato un nuovo sistema di generazione di energia che utilizza l’ibridazione dell’energia da celle a combustibile a idrogeno e batterie. Questo nuovo sistema di alimentazione è stato integrato nel sistema di trazione esistente del veicolo.

Dopo la fase di collaudo statico nello stabilimento CAF di Saragozza e il primo rifornimento di idrogeno, a metà 2022 sono iniziati i test dinamici su pista chiusa, che sono serviti per ottimizzare il nuovo sistema di alimentazione prima della fase di test in corso su linee rappresentative della Rete Ferroviaria Spagnola.

L’inizio di questa nuova fase di sperimentazione ha comportato la prima autorizzazione da parte di Adif alla circolazione in prova di un treno a idrogeno sull’infrastruttura ferroviaria spagnola, superando tutte le analisi dei rischi e la sicurezza dei processi di validazione inerenti alla sperimentazione di nuove tecnologie. Allo stesso tempo, i macchinisti e direttori dei treni di Renfe hanno ricevuto la formazione necessaria per guidare il treno convertito in un treno a idrogeno bimodale.

Il successo nello sviluppo di questo progetto conferma e rafforza l’impegno delle aziende che compongono il consorzio FCH2Rail allo sviluppo di soluzioni di mobilità rispettose dell’ambiente.

Il progetto conta durante questa fase dei test sulla preziosa collaborazione di aziende come IBERDROLA, per la fornitura di idrogeno verde per i test sui treni, SHIE-ARPA, che fornisce una soluzione per l’erogazione di idrogeno ad alta pressione, ed Ercros, produttore di H2 verde per applicazioni di mobilità.

FerPress.it

Cassa Depositi e Prestiti (CDP), SACE e un pool di banche costituito da Banco BPMBPER BancaIntesa Sanpaolo e UniCredit hanno siglato un protocollo d’intesa per contribuire allo sviluppo infrastrutturale dell’Italia nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’accordo riguarda le esigenze di garanzie di progetto connesse alla realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali strategici per il paese.

Il protocollo definisce infatti le linee guida per l’avvio di una potenziale collaborazione tra gli aderenti per l’emissione, previa autonoma valutazione creditizia, di garanzie di progetto(advance payment bond e performance bond) nell’interesse delle imprese o dei consorzi/raggruppamenti che si aggiudicheranno le gare relative ai lavori per leinfrastrutture ferroviarie inserite nel PNRR e per quelle commissariate.

In questa prima fase, la cooperazione annunciata oggi potrà contribuire in particolare allo sviluppo della rete ferroviaria nazionale, supportando la realizzazione di opere del valore di oltre 7 miliardi di euro, si legge in una nota congiunta.

Il protocollo, valido per tutto il 2023, e che, per lo sviluppo della rete ferroviaria nazionale è stato predisposto anche grazie alla collaborazione del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, è “aperto all’adesione di altre banche, soggetti abilitati all’esercizio del credito e compagnie assicurative nazionali e internazionali abilitate all’esercizio in Italia, nel rispetto delle dinamiche concorrenziali e della normativa vigente, al fine di massimizzare la capacità del sistema finanziario di sostenere la realizzazione delle infrastrutture inserite nel PNRR”.

Gli istituti finanziari sono stati assistiti dalla società di consulenza Oliver Wyman per la progettazione del protocollo e il supporto strategico e operativo, e dallo studio legale DLA Piper per gli aspetti legali dell’iniziativa. Ad esito di un processo competitivo, la società Loan Agency Services è stata selezionata per svolgere il ruolo di coordinatore amministrativo per le richieste di adesione al protocollo e per la gestione delle attività previste per il rilascio di garanzie e/o controgaranzie.

La Stampa

La priorità principale prevede l’inclusione nella ZLS del Porto di Ravenna, comprensivo delle aree a vocazione logistico produttiva inserite nel perimetro portuale identificato da PRP.

Principali nodi intermodali del territorio regionale, i quali soddisfano il nesso economico funzionale col porto di Ravenna in virtù dell’esistenza della piattaforma logistica regionale.

L’inclusione dei principali nodi intermodali nella Zona Logistica Semplificata viene vista come la possibilità: di incentivare un meccanismo di rafforzamento delle interconnessioni e dei livelli di accessibilità tra il porto di Ravenna e i bacini produttivi di primario interesse per lo sviluppo della regione: di promuovere l’intermodalità come un elemento distintivo della Zona Logistica Semplificata Emilia Romagna a supporto di un disegno strategico di sviluppo sostenibile del territorio e degli investimenti ad esso destinati.

La Nuova Ferrara

La denuncia della Corte dei conti comunitaria: “La circolazione combinata delle merci non può competere alla pari con quella su strada a causa di ostacoli normativi e infrastrutturali”.

Più proclami che fatti concreti sull’intermodalità. Non solo in Italia, ma nell’Europa intera. Il motivo? Alla Commissione europea manca una «strategia adeguata» a sviluppare il trasporto combinato delle merci su navi, treni, camion e aerei. Una criticità resa ancora più grave da un quadro normativo e infrastrutturale incerto a livello comunitario, oltre che da politiche nazionali dei Paesi membri non allineate agli obiettivi ambiziosi di Bruxelles. Il tutto rende «semplicemente irrealistico» raggiungere i traguardi fissati dalla Ue per il 2030 e il 2050: raddoppiare il traffico ferroviario e aumentare il ricorso alle vie navigabili interne del 50%.

A denunciarlo è la Corte dei conti europea nella sua recente relazione speciale dedicata al trasporto intermodale in cui avverte che «il cammino della Ue verso la riduzione del trasporto merci su strada è ancora lungo». L’analisi prende a campione diversi Paesi, tra cui l’Italia, che coprono tre flussi commerciali chiave che si sovrappongono alle tratte dei corridoi Ten-T (rete transeuropea dei trasporti): il corridoio Reno-Alpi (che si estende dal Belgio e dai Paesi Bassi all’Italia), il corridoio Mare del Nord-Baltico (tra Polonia e Germania) e i corridoi Atlantico e Mediterraneo (che collegano la Germania alla Spagna attraverso la Francia).

I revisori contabili europei ricordano che «tra il 2014 e il 2020 l’Ue ha fornito oltre 1,1 miliardi di euro a sostegno di progetti di intermodalità». Tuttavia, «il trasporto intermodale delle merci ancora oggi non può competere alla pari con il trasporto su strada a causa di ostacoli normativi e infrastrutturali». In media, e in assenza di misure di sostegno, «il trasporto intermodale delle merci è più costoso del 56% rispetto all’alternativa solo stradale». A giudizio della Corte, inoltre, «alcune norme dell’Ue riducono l’attrattività del trasporto intermodale». L’attuale versione della direttiva sui trasporti combinati è «obsoleta (risale al 1992, ndr) e inefficace». Ad esempio, prevede l’obbligo di un documento cartaceo timbrato dalle autorità ferroviarie o portuali per tutto il tragitto, invece di un flusso di lavoro digitalizzato. Vari tentativi di revisione della direttiva da parte della Commissione non hanno trovato il parere favorevole degli stati membri.

Secondo la Corte devono poi essere intraprese azioni legislative che consentano alla ferrovia, così come ad altre modalità di trasporto, di competere con la gomma visto che ancora oggi i camion continuano a movimentare circa il 77% delle merci in Europa. Quota che paradossalmente continua ad aumentare, invece di diminuire.

Tutto questo nonostante, nel suo ultimo documento strategico che affronta le sfide legate al clima e all’ambiente, “Il Green Deal europeo” (2019), la Commissione abbia chiesto una riduzione ancora più marcata delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dai trasporti (pari al 90 % entro il 2050), in modo che l’economia dell’Ue diventi climaticamente neutra entro il 2050, in linea con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Successivamente, la Commissione ha pubblicato la propria “Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente” (2020) in cui si auspicava un sostanziale trasferimento modale alla ferrovia, alle vie navigabili interne o al trasporto marittimo a corto raggio.

Ma niente di tutto questo è accaduto. Secondo la Corte, le cause sono riconducibili al fatto che la Commissione non abbia concordato con gli Stati membri né i «valori obiettivo» dell’Ue né le «conseguenti implicazioni» per questi ultimi, che «vengono decisi sulla base delle analisi dei singoli stati e delle considerazioni politiche». Nei casi in cui i valori-obiettivo dell’Ue e degli Stati membri erano comparabili (quattro degli Stati membri del campione, ossia Germania, Spagna, Francia e Italia), la Corte segnala che quelli nazionali erano ancora più ambiziosi di quelli della Commissione in termini di tasso di crescita annuale richiesto. Inoltre, due degli Stati membri sottoposti ad audit, ovvero Germania e Paesi Bassi, per i quali le vie navigabili interne erano le più importanti, hanno fissato obiettivi anche in relazione ad esse. Ma nessuno degli Stati membri, tranne la Polonia, ha fissato valori-obiettivo per la quota di trasporto intermodale La Corte dei conti europea segnala anche i ritardi accumulati dai Paesi membri nel rendere le infrastrutture conformi ai requisiti tecnici stabiliti dalla normativa Ue. Ad esempio, nello sforzo di competere con il trasporto su strada, utilizzare treni più lunghi che raggiungano la lunghezza standard europea di 740 metri potrebbe essere uno dei miglioramenti più convenienti dal punto di vista dei costi. Il problema è che, però, questi treni possono in teoria essere utilizzati solo sulla metà dei corridoi centrali della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T). Inoltre, la mancanza di informazioni sulle capacità della rete e dei terminali intermodali impedisce agli operatori logistici di offrire buone soluzioni di trasporto intermodale ai propri clienti. La Corte conclude che la proposta di revisione del regolamento Ten-T può migliorare la situazione visto che, così com’è, la rete di trasporto merci dell’Ue non è ancora adatta all’intermodalità.

La Repubblica Affari e Finanza – Vito De Ceglia

Cambiamento mirato a ottimizzare gestione rete ferroviaria nazionale

L’Autorità di regolazione dei trasporti, a conclusione del procedimento avviato il 27 gennaio scorso con Delibera n. 11/2023, ha approvato la revisione dei criteri ART per la determinazione dei pedaggi di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi per i servizi ivi forniti, precedentemente stabiliti con Delibera n. 96/2015.

«La nuova regolazione – ha dichiarato il Presidente, Nicola Zaccheo – oltre che adeguarsi al mutato contesto normativo e di mercato e ad estendere l’ambito di applicazione alle infrastrutture ferroviarie regionali interconnesse con quella nazionale, imprime un deciso cambiamento nel governo della rete ferroviaria nazionale, creando le condizioni per un significativo incremento della performance e l’ottimizzazione dei livelli di servizio resi da tutte le diverse componenti della filiera produttiva del trasporto ferroviario, che ricomprende, in primis, i gestori delle infrastrutture, oltre alle imprese ferroviarie ed ai gestori degli impianti di ultimo miglio».

In particolare, le misure approvate introducono nuovi criteri di determinazione dei pedaggi di accesso ad infrastrutture ed impianti e dei corrispettivi dei servizi ivi forniti, caratterizzati da una sinergica correlazione ai criteri di allocazione della capacità ed a obiettivi prestazionali dei gestori, da determinarsi con specifico provvedimento. Tale correlazione costituisce condizione essenziale per un utilizzo ottimale dell’infrastruttura, avendo particolare riguardo alle condizioni di saturazione che caratterizzano molte tratte della rete nazionale e valorizzando le caratteristiche vocazionali delle diverse tipologie di linee. La delibera mette in condizione il Gestore RFI di riorganizzare l’offerta dei servizi sulla propria rete privilegiando qualità e puntualità, con particolare riferimento ai nodi urbani e di conseguenza anche a beneficio dell’utenza pendolare.

Con specifico riferimento ai livelli di servizio del trasporto, l’aggiornamento della regolazione è orientato ad un significativo miglioramento degli standard di esercizio del gestore dell’infrastruttura nazionale, attraverso criteri tariffari che incentivano l’incremento della qualità complessiva del servizio offerto, oltre che della velocità commerciale dei servizi di trasporto ferroviario.

Le nuove misure di regolazione assicurano, infine, maggiore efficienza ed efficacia nel rispetto dei principi di trasparenza, correlazione ai costi, equità e sostenibilità dei livelli tariffari per il mercato, prevedendo il ricorso ad avanzati modelli econometrici e di ingegneria dei costi, a modelli previsionali dell’elasticità della domanda di capacità infrastrutturale e modelli previsionali dei volumi di traffico ferroviario sul sistema ferroviario nazionale, tenendo adeguatamente conto dei livelli di offerta e domanda che caratterizzano le altre modalità di trasporto in seno al sistema nazionale dei trasporti.

ASKANEWS-31

L’onorevole, nonché vicesindaca della Spezia, ha sottolineato come in tal senso il PNRR sia “occasione da non perdere”

La Spezia – “Il trasporto ferroviario è il futuro della portualità. Nel quadrante geografico del nord-ovest, la completa realizzazione della Pontremolese, ossia di una nuova via di collegamento verso il Brennero, rappresenta un’opera strategica sia per l’Italia sia per il nostro territorio”. Così Maria Grazia Frijia, vice-sindaca della Spezia, ha commentato quanto accadrà nella prossima Commissione Trasporti della Camera.

L’onorevole, nello specifico, porterà all’attenzione del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini la propria interrogazione a risposta immediata in merito al completamente della tratta ferroviaria Pontremolese, che congiunge Parma alla Spezia. Un tema che, in questa dato momento storico, potrebbe sfruttare l’assist del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.

Riprende Frijia: “Ad ora la linea è per il 50% a binario unico e mostra pendenze elevate che riducono le dimensioni dei treni, soprattutto merci. E questo nonostante la ferrovia abbia come sbocco uno dei più importanti porti della nazione come quello spezzino. In merito, ritengono quindi che l’area portuale della Spezia può e deve continuare a esercitare un importante ruolo nel quadrante geografico che va da Genova a Livorno. E, grazie al completamento della tratta, trovare nuovo impulso per investire in nuove strutture logistiche, tecnologiche e di transizione energetica”.

Il Secolo XIX-31 maggio 2023- Daniele Izzo